Considerazioni conclusive
Il Congresso si è svolto, come tradizione, presso la Cittadella di Assisi; sono state presenti più di 900 persone provenienti da quasi tutte le regioni italiane. Abbiamo incontrato molti amici già conosciuti e molti nuovi volti di ogni età.
Durante i tre giorni abbiamo avuto cura di dedicare il maggior tempo possibile alle libere comunicazioni dei partecipanti e questo ha costruito un clima empatico, coinvolgente e di condivisione profonda delle storie umane nelle loro implicazioni di sofferenza, speranza e gioia.
Il consueto appuntamento della visita serale alla Basilica di San Francesco con la guida di fra Mario Cisotto è stato impreziosito dal violino di fra Peter che ci ha dedicato due brani musicali.
Anche quest’anno abbiamo potuto visitare sia la Basilica superiore che quella inferiore. Abbiamo avuto la sensazione che tutti i partecipanti al Congresso siano stati presenti a questo momento di bellezza e spiritualità.
Tonio Dall’Olio, presidente della Pro Civitate Cristiana, ha invitato ad alzare lo sguardo e guardare il mondo nella sua interezza e complessità; si potranno così vedere quante azioni contro la pace e, in definitiva, contro l’uomo, sono in atto nel mondo.
Padre Giulio Cesareo ha portato i saluti della Comunità dei Frati del Sacro Convento, ci ha invitati a riflettere su come il militarismo, la violenza non sono solo nelle zone di guerra, sono anche nelle nostre strade, nelle famiglie, nel nostro cuore.
La violenza del mondo ci pervade tutti, non siamo solo spettatori. Per uscire dalle spirali di violenza si può e si deve non tanto lottare per avere ragione ma fare in modo di restare in relazione, anche nelle grandi fratture è sempre possibile trovare una nuova via.
Non c’è niente che, attraverso un impegno concreto, non possa diventare bello. L’invito del Sacro Convento di Assisi è “stop ad ogni fratricidio” e per questo ad Assisi si sta lavorando attivamente.
Abbiamo avuto il privilegio e la gioia di ascoltare il cardinale Matteo Maria Zuppi che si è collegato con noi da Bologna. Ha manifestato apprezzamento per il lavoro dei Club, esempio di impegno concreto a dare mano alle persone in situazioni di vita difficili.
Ha sottolineato come per uscire dalla solitudine sia necessaria la relazione diretta, fisica: “ho bisogno di qualcuno che mi guardi negli occhi, che abbia fiducia in me quando io non ne ho più”. La vera liberazione è superare la sofferenza e prendersi cura dell’altro.
A conclusione del suo intervento il cardinale Zuppi ha assicurato il suo appoggio al lavoro dei Club invitandoci a bussare alle porte delle parrocchie senza paura.
Come sempre ogni rappresentante di Arcat o Acat ha potuto portare i saluti al Congresso, in particolare è stato presente Zoran Zoriçiç, ci ha portato i saluti dei Club della Croazia e dei Club di Mosca che si stanno sviluppando grazie all’impegno di Alexei Baburin, pope che è stato con noi qualche anno fa e ricordiamo con affetto.
Padre Danilo ha proposto alla nostra riflessione il fioretto di San Francesco, detto “Della perfetta letizia”. Francesco immagina una situazione di rifiuto e disagio molto forti: è in questo frangente, egli dice, che si può raggiungere la perfetta letizia se si riesce a dare spazio all’epifania di interpretazioni della situazione diverse da quelle più evidenti.
Il tema del Congresso ci suggerisce che essere grati, essere resistenti, essere giusti, sono precondizioni per giungere ad un umanesimo fraterno.
L’Umanesimo è un movimento culturale che si sviluppa tra la fine del 1300 e tutto il 1400 e pone l’uomo al centro di ogni attività artistica, culturale e politica. L’uomo ha la possibilità e il dovere intellettuale di comprendere il mondo che lo circonda e di modificarlo secondo i propri fini. Il simbolo dell’umanesimo è l’uomo Vitruviano di Leonardo. Dalle idee dell’umanesimo si possono far derivare i grandi sviluppi della scienza e della conoscenza del mondo naturale, oltre che il fiorire delle arti.
Nei secoli successivi, la consapevolezza che l’uomo è un vivente con caratteristiche uniche nel panorama naturale si è trasformata nella convinzione che noi “Sapiens” siamo i padroni della natura e del pianeta Terra nel suo insieme, se non dell’universo.
Questa convinzione ha causato danni immensi nel corso degli ultimi secoli, ma le crisi, i conflitti e le tragedie in cui è precipitato il XX secolo (l’imperialismo, i nazionalismi, i totalitarismi, i massacri insensati di due guerre mondiali, la barbarie “civilizzata” del genocidio e del pericolo atomico …) hanno favorito la presa di coscienza dell’inumanità che l’umanesimo aveva mascherato.
Si sono potute comprendere ed evidenziare le conseguenze della dominazione sconsiderata dell’uomo sulla natura, dell’uso distruttivo del progresso scientifico e della conoscenza, dell’imperare della religione del massimo profitto per ottenere uno sviluppo economico misurato quasi solo sul denaro e sui beni, che pochi accumulano dando origine a profonda ingiustizia sociale.
Si fa strada il concetto di un nuovo umanesimo, planetario, che riconosce l’appartenenza dell’uomo alla natura, del suo essere interconnesso con tutti i viventi e della sua responsabilità nelle azioni che ha agito e agirà nel mondo naturale e sociale.
Nel panorama della vita l’uomo non è superiore agli altri esseri viventi, piuttosto è eccezionale. La sua eccezionalità sta nella capacità di essere responsabile.
Papa Francesco in Laudato si’ scrive “Non si può prescindere dall’umanità, non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia…. Non si può esigere da parte dell’essere umano un impegno verso il mondo, se non si riconoscono e non si valorizzano al tempo stesso le sue peculiari capacità di conoscenza, volontà, libertà e responsabilità.”
L’umanità intera è interconnessa all’ecosistema globale e alla Terra, tutti gli individui e tutti i popoli del pianeta sono legati da una comunità di destino, tutti gli esseri umani condividono gli stessi problemi fondamentali. Solo un umanesimo planetario può rispondere all’esigenza di fraternizzare di fronte ai pericoli globali ed alle crisi planetarie.
Un umanesimo fraterno significa anche fare della fraternità un principio di relazione ed organizzazione sociale che consenta alle persone di essere, contemporaneamente, solidali e sempre differenti, di esprime-re diversamente il proprio progetto di vita.
Un umanesimo fraterno e planetario è forse l’unica possibilità che abbiamo come genere umano per salvaguardare la sopravvivenza della nostra stessa presenza sullaTerra.
Sembra una utopia in questo tempo delle guerre, eppure è l’essenza dell’insegnamento che il Professor Hudolin ci ha lasciato:
“Nei Club, di fronte a tutti i problemi elencati, parliamo della necessità dell’amicizia, dell’amore, della solidarietà, della possibilità di una convivenza, della compartecipazione, della pace, della giustizia sociale o, meglio, della solidarietà e spiritualità antropologica. Tutto ciò significa lavorare nella comunità e introdurre l’ecologia sociale; non solamente la protezione della natura verde ma della società umana; non si tratta solamente di un individuo ma della famiglia e della comunità”.
I gruppi hanno lavorato sui seguenti temi: Sobrietà e prospettiva di felicità nella complessità della realtà; Superare la trappola dell’indifferenza ed essere giusti; Dall’individualismo alla circolarità, un cam-mino insieme; Un pensiero controcorrente che in-con-tra tutti; Promuovere gratitudine nelle nostre vite; La responsabilità umana nel mondo.
I gruppi sono stati frequentati da molte persone, hanno prodotto sintesi profonde ed ampie delle quali si riportano i seguenti spunti:
La sobrietà è una scelta etica consapevole con aggiustamenti continui.
Nel Club attraverso l’ascolto del nostro stare troviamo il senso grazie allo sguardo degli altri, diamo un nome al nostro sentire.
Riconosciamo il Club come realtà sociale e politica delle comunità.
La comunità collettiva diventa comunità connettiva, che tollera l’incertezza dell’agire nella complessità.
Sostiamo nelle emozioni: non diamo consigli o facili soluzioni, prendiamoci tempo, nell’ascolto condiviso, per vivere a fondo le emozioni, farne esperienza ed andare oltre con spirito rinnovato.
Giusto non è il contrario di sbagliato ma di indifferente.
I comportamenti di indifferenza sono spesso dettati dalla paura e per uscire da queste trappole sono efficaci la sensibilizzazione e la testimonianza.
Nessuno di noi è del tutto “giusto” ma vogliamo impegnarci in un cammino di giustizia.
I Club collaborino con le varie realtà del territorio: questo arricchisce in consapevolezza e in senso di responsabilità tutta la comunità.
L’individualismo è una dimensione facile ma sterile, il cammino insieme è difficoltoso e impegnativo ma fertile. La chiarezza e la condivisione degli obiettivi permettono un confronto fecondo e il raggiungimento di accordi.
L’individualismo è anche del Club, quando si chiude in sé stesso e non partecipa attivamente alla promozione di una salute circolare e di un benessere integrale. Ciò significa anche non accettare compromessi finalizzati alla sola riduzione del danno.
Un pensiero controcorrente che in-con-tra tutti chiede innanzitutto l’esercizio della gentilezza, nell’ascolto, nell’accoglienza, nella condivisione, nella relazione.
Sobrietà è anche gentilezza con sé stessi.
La gratitudine è radicata nella consapevolezza che tutto il mondo ci è stato donato e possiamo anche imparare ad essere grati per ciò che ci sembra duro, difficile, scomodo, doloroso, perché ci aiuterà a sentirci parte dell’intera umanità, simili, fraterni con chi come noi sta vivendo difficoltà. Il Club ci è buona scuola in questo e ci aiuta ad accogliere e integrare le nostre parti di ombra e di luce e a riconoscere e valorizzare la nostra vulnerabilità.
Ognuno di noi deve sviluppare la consapevolezza che il proprio comportamento ha effetti sugli altri e sull’ambiente. Al diffuso senso di impotenza e ingiustizia rispondiamo prendendo posizione e esercitando cittadinanza attiva.
Le tavole rotonde hanno approfondito i temi: Contrastare ciò che distrugge l’umano, strategie di pace nei tempi delle guerre e Corresponsabili di una cultura antropologica, umanesimo planetario e fraterno.
Dalle relazioni è emerso che, come dice Papa Francesco e come già nel 1991 diceva il Professor Hudolin, siamo di fatto in una terza guerra mondiale a pezzi e, se un tempo per fare la guerra si producevano armi, oggi è il mercato delle armi che impone le guerre, con l’aggravante della minaccia nucleare.
La violenza e la vendetta non sono mai soluzioni: occorre mettere la guerra fuori dalla storia.
In tutte le religioni vale il principio “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, principio che, per quanto regolarmente violato, ci indica una spiritualità antropologica non prigioniera di una fede.
L’impegno continuo e costante nel Club e in tutti i nostri contesti di vita, in famiglia, al lavoro, nella comunità, testimonia uno stile di vita sobrio ed ecologico sociale che è, di fatto, strategia di pace.
“Non esiste una via per la pace, la pace è la via.”
Un umanesimo planetario e fraterno non può prescindere dalla “Carta della Terra”, una dichiarazione di principi etici condivisi per il benessere di tutta la famiglia umana e ci chiede di passare da una logica di sviluppo ad una logica di equilibrio, ad una equa ripartizione delle risorse, alla protezione delle persone più vulnerabili, all’eliminazione della violenza e di ogni forma di discriminazione.
Ciò significa la promozione di una cultura ecologico sociale che vede il sociale e chi lo rappresenta come servitore leale dell’Umanità.
Ci piace concludere con le parole di Helder Camara:
“Beati coloro che sognano:
porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio
di vedere i loro sogni realizzarsi”
Ringraziamo tutti i partecipanti,
l’Aicat, la Cittadella, le amiche della segreteria ed accoglienza.
Ci ritroveremo qui, dal 16 al 18 maggio 2025, a riflettere intorno al tema:
“Le ragioni della speranza”
Associazione Regionale
dei Club Alcologici Territoriali
Club di Famiglie nel Territorio
Viale G.Matteotti 25
50121 Firenze
Tel. 348 9214600
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